
03 Set “PRENDERSI CURA”
I Dehoniani da 80 anni al Quarticciolo
“Se vuoi andare veloce, vai da solo! Se vuoi andare lontano, vai insieme”. Questo è il proverbio africano che ha accompagnato, durante il campo-scuola di Badia Prataglia nel 2018, il “Magis”: un vivace gruppo giovanile della parrocchia dell’Ascensione, animata dai Padri Dehoniani, nella borgata del Quarticciolo (zona est di Roma).
Le origini
Molto tempo è trascorso dalla fondazione della Parrocchia e molto tempo è stato impiegato dai ragazzi e dagli educatori per essere coerenti, nella vita di tutti i giorni, con questo proverbio che, ormai, è il loro stile di vita.
Nel 1942 viene fondata la Parrocchia dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo, nel quartiere Quarticciolo di Roma e, sei anni dopo, viene affidata ai Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, noti anche come “Dehoniani”. Il carisma dehoniano è stato, da subito, fortemente radicato nel territorio, in questo fazzoletto di terra delimitato da quattro vie, chiuso al mondo circostante, dove evangelizzare è più che una missione.
La Parola di Dio viene affidata ad una sola azione, concreta e senza troppi giri di parole: “Esserci”, stare in mezzo, camminare, correre, zoppicare insieme al popolo, di qualunque tipo esso sia. Il che, da sempre, ha contraddistinto questa parrocchia dalle altre. All’inizio, i Padri Dehoniani si sono occupati di una sfida ben più importante di qualsiasi altra cosa: insegnare a leggere e a scrivere a quei parrocchiani che, nel periodo della guerra, non avevano avuto modo di studiare. In tal modo, hanno donato loro dignità e forza per poter trovare un posto nel mondo del lavoro e gli strumenti per poter essere indipendenti, contando anche sull’aiuto delle suore Battistine che, tuttora, vivono e lavorano sul territorio, attraverso una scuola parificata.
“Stare in mezzo” ha significato anche rischiare la propria vita, come ha fatto Padre Bruno negli anni ’70, impegnato a contrastare lo spaccio della droga (nello specifico la cocaina), che rendeva le persone come larve, svuotate della vita, con la puzza di morte addosso. Tutto questo ha comportato l’andare a riprendere persone per strada, riportarle a casa, curarle, dar da mangiare alle famiglie, salvarle, recuperare figli e madri, accogliere tutti senza giudizi e pregiudizi. Oggi, significa giocare alla fune ogni giorno; sacerdoti ed educatori, cercano di tirare la corda sempre verso l’oratorio, per non perdere i ragazzi tra le strade buie dei lotti, convinti profondamente che “chi salva una vita, salva il mondo intero”. Che dire? La parrocchia non è solo culto: è soprattutto vita e la vita non la si può inventare, ma la si può progettare con l’aiuto di persone autorevoli, in grado di mettere da parte i propri sogni di gloria e sposare la causa del territorio: quella periferia della Capitale, là dove il vivere rimane una scommessa, spesso non vincente.
La “tentazione” di noi educatori è quella di vedere un nostro disegno realizzarsi nella vita di ogni ragazzo, ma questo desiderio deve essere superato dal pensiero che siamo solo seminatori e che un giorno, o forse mai, il germoglio sboccerà e quel ragazzo si ricorderà delle volte in cui siamo stati all’interno o al fianco della sua vita: lo abbiamo cercato, gli abbiamo chiesto “come stai?”, abbiamo gioito e pianto con lui e, soprattutto, le volte, infinite, in cui abbiamo tenuto il cancello dell’oratorio sempre aperto.
L’oratorio
L’appartenenza all’oratorio è tendenzialmente ampia e diversificata, dove la condizione essenziale è costituita dalla condivisione degli ideali. Le molteplici attività dell’oratorio ruotano intorno alla proposta educativa, secondo l’antropologia evangelica, un percorso non anonimo, ma che avviene all’interno della comunità parrocchiale, secondo tre piste: “Promozione culturale e sociale”, che, a partire dai bisogni specifici, tenderà a mettere in contatto le varie esperienze culturali, anche attraverso l’interazione con le istituzioni sociali ed ecclesiali; “Ludico ricreativo”, caratterizzato dal gioco, dallo sport, dalla festa, quali momenti di creatività, di serenità e di sano divertimento; “Proposta cristiana” orientata alla conoscenza dei contenuti della fede e alla scelta personale della causa del Vangelo. In tutto questo, c’è una specie di abbecedario, che va dall’accoglienza alla profezia, dalla bellezza all’osare, dal coraggio al servizio e oltre… Molto oltre! A ciascuno il coraggio di riprendere un filo della trama di questo tessuto, per poterlo intrecciare con gli svariati motivi che caratterizzano la propria vita, … spesso piena di contraddizioni e, al tempo stesso anche di nobili slanci che vanno dalla solitudine all’euforia, perché il cambiamento si costruisce così … ! Anche se la profezia subisce o subirà altre condanne, tra queste non ci sarà mai quella della sterilità.
Con il contributo umile e coraggioso di individui, comunità, gruppi e associazioni, ci si è messi in gioco, dimenticando se stessi e mettendo sempre al centro l’altro, il più debole, l’indifeso… colui che fa fatica a camminare da solo o che, in preda alla solitudine, ha preso un’altra strada. La presenza dei Padri Dehoniani al Quarticciolo attesta che, oggi, è ancora possibile farsi presenza discreta e non invadente, semplice e silenziosa compagna di viaggio. Tutto questo è spiritualità, profumo di Vangelo puro, umanità profonda, profezia coraggiosa, libertà interiore. Perché ci sono scorci di luce anche in questi tempi, che attentano alla speranza debole e in cui viene chiesto a tanti di pagare un prezzo da inflazione!
L’accoglienza, la libertà e il servizio
Gli insegnamenti che il parroco, Padre Daniele, tenta di comunicare a noi volontari, nel campetto dell’oratorio, sono semplici, ma fondamentali per vivere la vita intensamente, facendo scelte “Magis”: puntando al “di più” e non accontentandoci mai della mediocrità, attraverso l’accoglienza, la libertà e il servizio. “L’accoglienza” è il nostro principio cardine: accogliere tutti, indistintamente, con intelligenza e con il cuore in mano. A seguire c’è “la libertà” di poter varcare la porta sempre aperta, per entrare, ma anche per uscire, scegliendo sempre profondamente quale strada intraprendere. Quindi, “Mettersi a servizio” dei più deboli, degli anziani e della nostra comunità, non perdendo mai di vista l’attenzione verso il mondo giovanile, familiare e della carità per cui lavoriamo come centro di ascolto. Infatti, sostenuta e coadiuvata dalla volontà attiva di alcuni collaboratori della parrocchia (che hanno frequentato un corso e sostenuto l’esame per poter essere qualificati ad entrare nei database della Caritas), la nostra realtà riesce a distribuire circa 70 pacchi al mese, che aumentano durante il periodo delle feste. Ogni mese c’è il riassortimento dei generi alimentari, che vengono consegnati ai bisognosi con estrema dignità. In questo, la Caritas è aiutata dalla comunità stessa che lascia su un carrello, posto vicino all’ambone, delle buste, che contengono cibo, accompagnate da un cartellone che recita così: “Aiutateci ad aiutare”. In ultimo, ogni anno si organizza una giornata con i ragazzi al di fuori di un supermercato, cercando di sensibilizzare la popolazione e favorire la raccolta. Per sottolineare quanto sia importante il valore del servizio, la parrocchia collabora con la comunità di Sant’Egidio che è stata costretta a trasferirsi nel quartiere, dopo aver operato in un territorio vicino al nostro. L’unione è forte, tanto da celebrare la messa e organizzare il pranzo di Natale dei bisognosi presso di noi.
Tutto questo ha fatto della periferia non solo un luogo geografico, ma anche un laboratorio educativo dove, affinando con passione il gusto e il senso del bello, si è sempre attenti a fare i conti con i grandi quesiti che risiedono nel cuore umano, tra il dramma e la nobiltà.
Non fermarci mai
Dopo il cammino di Santiago, molti giovani hanno imparato a non fermarsi. Nonostante i dolori e gli imprevisti, hanno continuare a lottare, soprattutto, a sognare e a sostenere i coetanei nelle loro prove, nella noia, durante la stanchezza, le delusioni e le offese. Grazie a questo impegno, il Signore ha deciso di affidare loro 25 giovani con cui hanno vissuto la gioiosa esperienza della GMG, sostenuti dal grande cuore amorevole delle “bizzoche” che credono tantissimo nel progetto del “Magis”.
In quest’ultimo periodo, si è scoperta una collaborazione feconda con la Diocesi di Roma, con cui si sono organizzati la GMG diocesana, il podcast e la Giornata della Terra. La “ciliegina sulla torta” è stata una trasmissione di Tv2000 che ha “messo in vetrina quella realtà che, quotidianamente, si svolge al Quarticciolo, nella zona est di Roma, presso la parrocchia dei Padri Dehoniani dell’Ascensione.
Conclusione
La ricostruzione delle nostre città parte dal rammendare le periferie, perché la “periferia” è una chiave di lettura privilegiata del nostro tempo. È qui che si gioca la sfida dell’integrazione. Questa, non la fanno le istituzioni, ma le comunità. Il grande lavorio della comunità Dehoniana, al Quarticciolo, consiste nel far rinascere una grande passione civile e religiosa per le periferie: per ripopolarle, nuovamente, ma in maniera elegante. Diversamente, esse verranno “riempite” dalle mafie di ogni specie! Purtroppo le “periferie” urbane ed umane non sempre coincidono! Occorre ancora molto lavoro, affinché tutti possano tornare a gustare la graziosità della vita.
di Giorgia Di Massimo
(cfr. Presenza Cristiana 5/2023)
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