29 Nov “Giovaninsieme” 2024
LA SPERANZA:
OLTRE L’ALTERNANZA TRA BUIO E LUCE
Da oltre 30 anni, i padri Dehoniani del centro-sud Italia organizzano, annualmente, un meeting per i giovani che frequentano le parrocchie dehoniane dell’Italia centro-meridionale. Quest’anno, dal 27 al 29 settembre, è stata la parrocchia universitaria di Rende (Cosenza) ad accogliere gli oltre 150 ragazzi, con un braccialetto colorato al polso, a ricordare che fanno parte di qualcosa di grande: una comunità che non abbandona nessuno e che è sempre felice di accogliere persone nuove, alla ricerca di una luce per la propria vita. Questi giovani, che creano legami, scaldano i cuori e fanno emozionare, provengono, oltre che dall’area cosentina, da Napoli, Roma, Foligno (PG) e persino dall’Albania.
Il tema del meeting
L’argomento, intorno al quale i giovani si sono confrontati, con numerosi interrogativi e perplessità, è stato “la speranza”, descritto attraverso l’immagine dell’alternanza buio e luce. Qui, gli interrogativi cruciali partono liberi, senza essere filtrati e senza timori riverenziali. Qui, si incontrano anche estasi e sogno, terra e cielo. Qui, i ragazzi si sono chiesti: “Quali sono i momenti di buio di noi giovani? Vediamo solo del negativo nei momenti difficili? Lasciamo entrare la luce? Quale?… Non c’è più speranza sotto i nostri occhi? I giorni sono scanditi dalle solite monotone abitudini? Siamo chiusi nelle nostre stanze ad aspettare in silenzio? Siamo spaventati dal fallimento che, in questi casi, rappresenta una sconfitta e una perdita e non una scoperta; una porta che si chiude, e non una nuova opportunità. La vita non è una strada lineare, è frastagliata, ricca di curve, rotonde e incroci dove gli sbagli e i fallimenti non sono considerati delle fermate, ma ci permettono di comprendere se stiamo percorrendo la strada giusta, quella strada delineata per noi”. Purtroppo, quotidianamente, ognuno si porta dentro ferite che fanno perdere la fiducia nei contatti e nelle relazioni con l’altro. Nonostante ciò, la riflessione comune ha condotto alla percezione che questi vuoti, provocati dalle ferite, possono essere colmati dalla luce che proviene dalle persone che ci circondano e da una religiosità profonda ed esistenziale.
Non era scontato che tutti i ragazzi si mettessero in discussione e riuscissero a condividere le proprie fragilità, le proprie paure, le proprie zone d’ombra. Ma, favorito dal clima di serenità e disponibilità che si è creato, percepibile fin dall’accoglienza, ognuno ha avuto modo di esprimere il proprio concetto di speranza: per alcuni “speranza” vuol dire famiglia, per altri amicizia, per altri fede… Altri hanno avuto parole di elogio per il meeting: “Abbiamo avuto modo di condividere delle esperienze e parlare di argomenti che, normalmente, non riusciamo a trattare a causa di una superficialità regnante nel mondo esterno, che non ascolta le nostre storie, ma è pronto a puntare il dito contro noi giovani”.
La “parola” di Bartolo Mercuri
Sacrificio e speranza si incontrano nella testimonianza di Bartolo Mercuri a “Giovaninsieme” 2024. Bartolo è presidente dell’associazione “Il Cenacolo” con sede a Maropati, paese di 1400 anime ai piedi dell’Aspromonte. L’associazione è un centro di aggregazione sociale. Dal 2000, è diventato punto di riferimento di immigrati e di famiglie italiane in difficoltà. In migliaia vi si recano per avere viveri, vestiti, cura e attenzione. Insieme a tantissimi volontari, Bartolo si occupa di aiutare chi vive in condizioni di disagio, nessuno escluso. E lo fa perché spinto da un amore evangelico verso il prossimo.
La sua conversione è avvenuta nel 1989, all’età di 33 anni, durante una carcerazione senza aver commesso nulla. Uscito di prigione, ha abbracciato i valori del “Rinnovamento nello spirito” e, da allora, cura i più fragili. È anche responsabile di un gruppo di preghiera “Il cenacolo dei figli di Dio”. È sposato e padre di quattro figli, di cui uno, don Gaudioso Mercuri, ha seguito la vita sacerdotale.
Commovente è stata la sua testimonianza tra i ragazzi, che lo hanno ascoltato con occhi sbarrati, in un irreale silenzio tombale. Bartolo Mercuri dona il proprio tempo agli altri, con estrema generosità. Percorre chilometri, avanti e indietro, tra tendopoli e baraccopoli del territorio, a bordo di un pullman (in passato distrutto da atti intimidatori della ‘ndrangheta, e riacquistato grazie alla solidarietà di persone e associazioni). Si sposta da un luogo all’altro per assistere gli immigrati, di cui è diventato amico; proprio costoro, nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria, lo chiamano “Papà Africa”.
Le famiglie ospitanti
I ragazzi provenienti da Napoli, Roma, Foligno (PG) e dall’Albania sono stati accolti dalle famiglie della parrocchia S. Paolo di Rende (la parrocchia universitaria), che li hanno fatti sentire a “casa propria”. Non si è trattato semplicemente di una sistemazione per un “fine settimana”, ma il tutto ha avuto un valore molto più grande sia per le famiglie ospitanti, sia per i giovani. Aprire la porta della propria casa è stata un’esperienza che ha travalicato l’offerta di un semplice posto letto: è stata la dimostrazione di essere più forti di tutte le difficoltà che si presentano e di andare oltre ogni intralcio. Aprire la porta della propria casa è stato come accettare di ballare con uno sconosciuto o una sconosciuta. In questi gesti, si è avvertito una grande volontà di costruire comunione con quella dedizione e quell’armonia che si respiravano a pelle. È questo il bene che rimane, il più indelebile che si possa scrivere: è ciò che ogni persona vorrebbe trovare sempre, perché la fa sentire di essere nel posto giusto.
A conclusione della prima serata, sono state presentate alle singole famiglie ospitanti i rispettivi giovani di cui prendersi cura: man mano che venivano nominati, si abbracciavano e si baciavano senza conoscersi minimamente. Un ragazzo raccontava che, la mattina successiva, ha trovato la propria mamma in pigiama, in cucina, mentre sorseggiava il caffè con un giovane ospite… completamente a proprio agio.
La partenza, domenica pomeriggio, ha sancito sì un distacco fisico, ma, oltre agli abbracci strappalacrime, nelle case delle famiglie ospitanti sono state rinvenute delle graziose letterine di gratitudine.
“Le cucine di San Paolo”
A dirigere l’orchestra delle pentole e dei fornelli, c’era lo chef Luigi da Castelsilano. Nutrire, dal venerdì sera al pranzo di domenica, 150 giovani che divoravano di tutto, non è stata un’impresa sempre facile. La gente, della parrocchia S. Paolo, si fermava e si preoccupava per vedere se c’era qualcosa da fare, cosa mancava, o, più semplicemente, portava una bella teglia di pasta al forno o una parmigiana o delle polpette… tanto da far esclamare qualcuno: “Si sono presi cura di noi come se fossimo tutti loro figli”.
A Rende, in conclusione di “Giovaninsieme” 2024, si è potuto esclamare con Dante Alighieri: “C’è un cielo pieno di stelle da guardare…” e con i nostri giovani: “Dobbiamo permettere alle nostre ferite di diventare spiragli da cui possa passare la luce”.
a cura dei giovani della parrocchia S. Paolo di Rende
(cfr. Messis 6/2024)
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