LA “DEMOCRAZIA” VIVE NELLA CITTÀ E FA VIVERE LA CITTÀ

LA “DEMOCRAZIA” VIVE NELLA CITTÀ E FA VIVERE LA CITTÀ

Sono ancora vivi gli echi della 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia per stimolare la riflessione sulle sfide attuali della democrazia. L’assise si è svolta a Trieste, dal 3 al 7 luglio, e ha visto, non solo la partecipazione di circa 1.200 delegati e 6.000 partecipanti accorsi da ogni punto d’Italia, ma, soprattutto, la presenza del presidente della repubblica Sergio Mattarella e di papa Francesco.

La “Settimana sociale” non si è svolta solo all’interno di una struttura dedicata, ma anche per le vie e nelle piazze della città di Trieste. Questo ha permesso alle persone di toccare con mano cosa vuol dire partecipazione e fare cittadinanza attiva.

Una delle scelte, attuate e rivendicate dal Comitato scientifico e organizzatore, è stata quella di riservare ai giovani un terzo della platea dei partecipanti. Questo è stato non solo un segnale, ma un’esigenza insopprimibile, volendo andare davvero “Al cuore della democrazia”, slogan di questa 50ª edizione delle Settimane sociali, contando sul contributo di tutti, nessuno escluso.

Ecc. Mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania e presidente del comitato scientifico, ha subito precisato: “…non è un evento, ma un popolo che cerca di vivere la cittadinanza e i valori che lo caratterizzano…quindi abbiamo attinto all’inchiostro della democrazia per rinsaldare il legame tra storia e futuro”.

Le analisi

Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato scientifico e organizzatore, nella sua analisi, constata, come in questo momento, in Italia ci sia un grande disorientamento su ciò che la politica fa: c’è una conflittualità ritenuta eccessiva e di fronte, a volte, alle schermaglie tra i partiti e i leader, i cittadini si rifugiano nel proprio privato, perché non vedono la speranza. Evidentemente c’è il desiderio di testi­moni, di unità, di cura per il bene comune che, forse, oggi ancora manca. Far crescere questa sen­sibilità, anche tra chi già si impegna in politica, è un modo per rendere un servizio al Paese. Pertanto, i credenti si sono posti al capezzale della democrazia, il cui male non è irreversibile. Ciò che è mancato, per tanto tempo, è stata la formazione al senso civico e al bene comune. Inoltre, sappiamo che sono tanti i cattolici che non si recano a votare: speriamo, perciò’, che questa settimana abbia una ricaduta tale da permettere un’inversione di tendenza! La partecipazione, quale metodo di agire carico di speranze, è una risposta all’individualismo e al populismo, perché la democrazia è un bene sempre più fragile ed esige una cura che non può escludere nessuno.

Il metodo

Contribuire, ascoltare, tessere insieme, proporre per decidere, accompagnare sono, sul versante del “metodo”, gli “elementi chiave” indicati dal gesuita Giacomo Costa, componente del Comitato delle Settimane Sociali e presidente della Fondazione culturale San Fedele di Milano, affinché i lavori della Settimana sociale non si fermino all’esperienza di Trieste. “Contribuire”: nel senso che tutti sono chiamati a prendere parte alla vita democratica. Nessuno può esserne escluso, e vengono citati i giovani, i poveri, gli stranieri: tutti possono contribuire alla crescita del Paese. “Ascoltare”: occorre allacciare i bottoni della fiducia reciproca, riconoscendo i rispettivi limiti e mettendo in co­mune la propria voce con le rispettive idee, tessendo insieme le consonanze e le dissonanze, en­trambe interessanti. Quindi “proporre” per decidere, elaborando suggerimenti e costruendo un con­senso che eviti le fratture. Padre Costa specifica: “il tempo della democrazia non è mai tempo perso”; quindi, parla di “accompagnamento”, perché i processi hanno bisogno di essere seguiti ed accom­pagnati.

La sfida

Mantenere viva la democrazia è una sfida che la storia, oggi, pone ai cittadini. Tutto questo è possibile attraverso l’impegno sostanziale che consiste nel dare vita ad una democrazia partecipata dal basso, posta al servizio degli ultimi e dei deboli.

La guerra continua a mietere vittime e a produrre distruzioni in Ucraina, in Terra Santa, nel Sudan, in Congo e in altre regioni del mondo. La stessa guerra che si insinua anche nella nostra società, si fa cultura, modo di pensare, di parlare, di vedere il mondo. Qui, nella 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia ha echeggiato, fortemente, il grande desiderio di pace, perché la pace è il fonda­mento della democrazia.

Ogni qualvolta, negli interventi di revisione costituzionale, sia stato violato o venga ancora violato lo spirito di condivisione, a favore della ordinaria dialettica, nei dibattiti parlamentari tra maggioranza e minoranza, a essere indebolita è la nostra democrazia.

È necessaria, oggi più che mai, quella tensione costituente, che recuperi con magnanimità un desi­derio di confronto reciproco nelle differenze, che superi il rischio di polarizzazioni radicali e che di­venti impegno a realizzare, a ogni livello, quella “democrazia sostanziale”, la quale consiste nella piena concretizzazione dei diritti sociali per i poveri, per gli “invisibili” e per tutti coloro, che rappre­sentano – come ha ricordato Papa Francesco – il cuore ferito della democrazia.

Partire dall’ambito educativo

La democrazia non è mai conquistata “per sempre”: è una realtà in continuo divenire. Da qui, nasce l’esigenza di, partire dall’ambito educativo per dare vita ad una democrazia partecipata e dal basso, con un profondo sogno di condivisione e non di divisione, che accomuni donne e uomini, bambini e anziani, giovani e adulti che hanno a cuore il bene e il futuro dell’Italia: si tratta di un “cantiere” aperto: cosa manca alla nostra politica per essere un “cantiere” di futuro? Si tratta di riprendere le scuole di formazione alla politica, presenti negli scorsi decenni, anche nel mondo cattolico o, a livello pubblico.

Per S. Ecc. Mons. Giuseppe Baturi (dal 5 luglio 2022 segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana), la partecipazione non è partigianeria: fare politica significa cercare soluzioni giuste per noi e per le altre culture: partecipare alla democrazia significa non delegare l’azione sociale e politica ad altri, ma consentire a tutti di esercitare il proprio protagonismo nella costruzione del nostro futuro.

Francesco d’Assisi alla 50ª Settimana sociale

Gio­vanni Scifoni ha spiegato il legame tra il suo spettacolo “Fra’”, rappresentato al Teatro Verdi di Trieste per i 1.200 delegati, e il tema della 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia.

Il monologo di Scifoni, orchestrato con le laudi medievali e gli strumenti antichi di Luciano di Gian­domenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, si interroga sull’enorme potere persuasivo che genera, su noi contemporanei, la figura “pop” di Francesco e percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma, fino al logoramento fisico che lo porterà alla morte.

Cosa c’entra Francesco con la democrazia, tema di questa Settimana sociale? Democrazia è par­tecipazione e Francesco ha partecipato alla vita politica del suo tempo, è andato a Gerusalemme, cercando addirittura di convertire il Sultano. Quello che è democratico in Francesco è, soprattutto, la preoccupazione per il bene comune, quale bene per tutti, al centro di ogni agire autenticamente democratico: per Francesco, così, la democrazia è il contrario del possesso. Ma, a volte, la politica richiede perfino di essere contraddittori, perché la fedeltà pedissequa alla propria idea può impedire la formazione del processo democratico.

a cura di Clara Papìska

(cfr Presenza Cristiana 5/2024)

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