Le origini della spiritualità e della missione di p. Dehon
L’Europa nella seconda metà del XIX sec. vive il trionfo del positivismo e dello scientismo sulla metafisica e il declino delle tradizioni religiose.
Con la rivoluzione industriale, partita dall’Inghilterra e trasmigrata in Europa e nel Nuovo Continente, si avvia un fenomeno di massa: milioni di uomini e di donne si spostano dalla campagne alle città, da un continente all’altro.
Il mercato va a gonfie vele, portando ricchezza a una minoranza, la nuova classe borghese, a scapito delle masse operaie. Scoppia la questione sociale che porta interrogativi etici nei benpensanti imprenditori e coinvolge la Chiesa nelle città industrializzate.
Il papa che simbolizza questo travaglio socio-economico e politico, è Leone XIII, con la sua enciclica “Rerum Novarum”, pubblicata il 15 maggio 1891.
Uno degli interpreti in Francia, in questo periodo di transizione tra il modo di vivere e di pensare, tra democrazia e industria, è certamente un prete francese, padre Leone Dehon. Leone Dehon è nato il 14 marzo 1843 a La Capelle, diocesi di Soissons, nella Francia settentrionale ed è morto a Bruxelles in Belgio il 12 agosto 1925.
La Capelle non è solo il luogo dove Leone Dehon è nato: è il luogo della sua identità. Qui è sempre ritornato nel corso della sua vita; anche quando è partito per Hazebrouck, Parigi, Roma, vi è sempre ritornato…
Leone Dehon, anche da prete e fondatore della congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore, è sempre stato un uomo realisticamente molto attaccato alle sue radici, e questo nonostante che la sua residenza a La Capelle non sia stata molto lunga; infatti ancora preadolescente partì con suo fratello Enrico per il collegio di Hazebrouck. Appartenente a una famiglia agiata di proprietari terrieri abbastanza affermati nella società del tempo, ha ricevuto una formazione approfondita, curata e varia, arricchita da numerosi viaggi all’estero: i suoi viaggi però non sono mai stati quelli di un turista ozioso, ma quelli di una persona alla ricerca di senso e di comprensione dell’umanità.
Parigi: luogo educativo sociale e religioso
Parigi per il p. Dehon era il luogo della cultura, dell’arte, della storia della nazione francese. E’ il luogo della presenza della Chiesa nella società e nel mondo della cultura. A Parigi giunse per espletare i suoi studi in scienze prima, e quindi in diritto: nel 1864, a 21 anni, si laurea in diritto e si iscrive al foro di Parigi con un grande avvenire davanti a sé.
Il suo punto di riferimento religioso era San Supplizio, nel cuore della Parigi classica; partecipava alla vita parrocchiale con le sue varie attività e alla Santa Messa quotidiana. Qui ha incontrato la “Scuola francese di spiritualità” che lo ha portato a rafforzare quel suo desiderio di consacrare la propria vita alla persona di Gesù: il Verbo incarnato che è al centro di questa spiritualità.
A Parigi il giovane Leone Dehon ha incontrato soprattutto la povertà e la miseria dei quartieri diseredati; ha sperimentato il proprio impegno e il proprio servizio offerto all’interno della “S. Vincenzo de’ Paoli”; ha scoperto l’importanza di essere aperto alle sfide e alle ricerche del mondo del suo tempo. Qui è sempre ritornato per incontrare grandi personalità del suo tempo e vivere pienamente inserito in maniera lucida e cosciente, ma anche con competenza, nel mondo della cultura contemporanea.
Dopo un lungo viaggio in Medio Oriente, entra nel seminario francese di Roma dove resta fino al 1871, conseguendo tre nuovi dottorati: in filosofia, in teologia ed in diritto canonico. Ordinato prete il 19 dicembre 1868, diventa stenografo al Concilio Vaticano I.
Leone Dehon ha voluto formarsi non solo nelle scienze teologiche e religiose, ma ha voluto approfondire anche tutte quelle realtà culturali che toccavano il sociale, l’economico, il politico. Si è interessato quindi anche di arte e di civiltà classiche.
San Quintino e gli operai
Il 16 novembre 1871 sarà la città operaia di San Quintino, il più importante centro della diocesi di Soisson, che accoglierà il giovane prete che ha appena portato a compimento i suoi studi. Qui Leone Dehon, 28 anni, ormai uomo maturo, trova, spiritualmente parlando, una “terra fredda” con una situazione sociale aberrante.
Da distinto intellettuale, Leone Dehon scopre subito la condizione operaia e il fossato che separa la Chiesa dalla società dell’epoca: è un incontro decisivo che orienta la vita ed il pensiero di quest’uomo, attento a tutte le novità e alle mutazioni che obbligano la Chiesa a rivedere le proprie strategie per restare in ascolto degli uomini: “Bisogna uscire dalle sacrestie per andare al popolo”.
Ma il Dehon, isolato e sottoposto alla critica del clero locale, entra in una fase di ripiegamento su se stesso. In lui torna un bisogno e una vocazione antica: affrontare la storia dentro la Chiesa, con una istituzione permanente per una vita consacrata alla missione verso il popolo…, il più diseredato.
Origini della Congregazione dei Dehoniani
Nel 1877 (27 giugno) decide di fondare la Società degli Oblati del S. Cuore. All’interno dell’istituto S. Giovanni, da lui fondato per formare uomini responsabili e cristiani coscienti della propria fede, nel 1878 ha fondato la congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani).
La situazione d’ingiustizia e degradazione in cui vive il proletariato del suo tempo provoca in lui non solo un’opera di assistenza immediata per far fronte alle situazioni di maggior carenza, ma soprattutto un impegno per contrastare a livello politico, sociale e culturale, le cause dell’ingiustizia e della miseria.
Cosciente del grande valore dei mezzi di comunicazione nella costruzione del futuro, ne fa un largo uso e se ne fa promotore fondando un giornale e pubblicando molti scritti. Nel 1889 lancia una rivista dal titolo significativo: “Il Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società”. Una iniziativa che anticipava l’enciclica Rerum Novarum del 1891 di papa Leone XIII sulla condizione operaia, di cui Dehon, proprio attraverso il suo apprezzatissimo “Manuale sociale cristiano”, diventerà l’interprete più autorevole ed ascoltato.
Di fronte alla lotta anticlericale, raccomanda un atteggiamento di apertura e di cambiamento per la Chiesa. Figura di spicco fra quelli che la storia chiama i “preti democratici”, il padre Dehon è un mistico che attinge dalla contemplazione le motivazioni del suo agire sociale.
Quando dovette lasciare S. Quintino, soprattutto dopo la prima guerra mondiale, Bruxelles, dove già risiedeva una comunità dei Sacerdoti del Sacro Cuore, divenne il luogo di residenza stabile del p. Dehon: la “casa madre” della congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore, da dove p. Dehon seguiva l’evoluzione e lo sviluppo delle opere in Olanda, Germania, Lussemburgo, Finlandia, Italia e negli altri paesi…, con uno sguardo ai territori di missione.
Bruxelles e l’internazionalità
Qui proprio a Bruxelles, quale luogo geografico strategico (vicino all’Olanda e alla Germania), la giovane congregazione ha acquistato un volto e una dimensione internazionale.
Ma l’internazionalità della congregazione, più che in chiave espansionistica, va letta sotto la dimensione di servizio. Infatti da poco il p. Dehon aveva assunto un impegno missionario prima in Equador e poi nel Congo belga. In questo progetto, la casa dehoniana di Bruxelles è stata un centro missionario: luogo di partenza e di arrivo dei missionari e punto di riferimento di quel vasto movimento apostolico con i tanti progetti umanitari che si andavano a concretizzare proprio nell’ex- Congo belga.
La missionarietà, poi, era per p. Dehon l’elemento centrale della sua vita in quanto rispondeva all’estensione del “Regno del Cuore di Gesù” …: era il senso della sua esistenza.
Bruxelles è il luogo dove p. Dehon ha terminato i suoi anni il 12 agosto 1925: una vita dedicata e consacrata totalmente all’Amore di Cristo e al servizio della Missione. S. Ecc. Mons. Binet, vescovo di Laon e Soissons, nella sua orazione funebre nel corso delle esequie a San Quintino, esclama: “Una pagina della grande storia religiosa si è appena conclusa; la penna è caduta dalle mani affievolite di colui che l’aveva usata da 60 anni.”
L’eredità di p. Dehon
Il Padre “molto buono”, com’era solitamente chiamato, ha voluto scuotere la Chiesa chiedendole di aprire non solo le sue porte perché i popoli potessero entrarvi, ma soprattutto perché Lei stessa andasse loro incontro, entrasse in dialogo con tutti e potesse, finalmente, rinascere in loro stessi.
Malgrado le sue deboli forze, in ogni circostanza, si è preoccupato più di rispondere agli appelli del suo tempo che di costruire il proprio istituto.
“I bisogni nuovi, sosteneva p. Dehon, esigono dei processi nuovi: occorre che la Chiesa sappia dimostrare che non è solo capace di formare anime devote, ma di far prevalere la giustizia sociale di cui i popoli sono avidi.”